La biografia



Nasce a San Miniato (Pisa) il 12 agosto 1874 da Egisto e Massimina Giani. La sua è una famiglia di lavoratori molto povera,  residente sulle colline del Pino, località vicino a Ponte a Elsa. Suo padre pascola le pecore fino a quando perde il lavoro e la casa a causa della crisi agricola del 1878. Vittima della disoccupazione, la famiglia si trasferisce a Empoli in cerca di lavoro. Così Ristori cresce in un ambiente di grande povertà senza poter frequen­tare la scuola. La madre esegue lavori con la paglia e alleva animali che vengono poi venduti nei mercati di Empoli e San Miniato. Ristori accom­pagna spesso i suoi genitori nei diversi paesi del circondario empolese dove conosce vari giovani e uomini che "blasfemi contro la chiesa" e discutono di politica e anarchia nelle cantine vicino ai mercati.
Così inizia a frequentare il gruppo anarchico di Empoli e conosce Antonio Scardigli ed Enrico Petri, con quest'ultimo viene arrestato per la prima volta durante una manifestazione a San Miniato il 21 marzo del 1892. Nel maggio dello stesso anno, a soli 44 anni, muore il padre e, da quel momento, Oreste comincia a definirsi anarchico. Nei due anni successivi viene arrestato varie volte; per le autorità è "un anarchico esaltato, di pessimo carattere, contra­rio al lavoro, capace di qualsiasi azione criminale". È con il soprannome "Beccuto" che Ristori emerge nel movimento anarchico italiano, non come intellettuale, ma come attivista.
Nel 1894, dopo l'esplosione dei moti della Lunigiana anche a Empoli vengono arrestati e inviati al domicilio coatto i principali rappresentanti del movimento anarchico e socialista (Ristori, Petri e Fabiani). L’anno successivo Ristori viene accusato dell'incendio dell’esattoria di Empoli e della partecipazione ad una rivolta avvenuta a San Miniato e per questo è inviato a Porto Ercole. Da questa fortezza, considerata inespugnabile, gli anarchici Andrea Barabino, Galileo Palla, Guerrando Barsanti, Cesare Lage, Gaetano Ruocco, Angelo Colonnesi e Ristori riescono a organizzare una fuga di cui parla anche «II Corriere della sera». Quando alla fine vengono ripresi, Ristori è inviato nuovamente al domicilio coatto nelle isole Tremiti; qui conosce Pasquale Binazzi e Giovanni Gavilli, assieme ai quali dà vita al numero unico «La Bohème». Le insopportabili condizioni di vita alle Tremiti provocano una grande rivolta, capeggiata dal gruppo degli anarchici, tra cui Ristori, che viene repressa nel sangue e nella quale muore l’anarchico Argante Salucci.
Dopo questa rivolta, Ristori è processato per incitamento alla violenza e viene spedito a Pantelleria il 24 aprile insieme ad Amedeo Borghi. Nel settembre del 1896 riesce ad ottenere la libertà dopo avere scritto una lettera al sindaco di Empoli per ritornare nella sua città. È sottoposto, tuttavia, a vigilanza permanente, perché sospettato di attentati a persone e a proprietà private, insieme ad un altro gruppo di anarchici fiorentini.
Il controllo della polizia lo costringe alla clandestinità, fino a quando non viene rintracciato e arrestato a Roma e condannato al domicilio coatto nell’isola di Ventotene. Qui Ristori conosce, tra i numerosi anarchici, Andrea Orsini di Carrara, Giovanni Mariotti di San Giovanni Valdarno, Oreste Cozzi, Giovanni Pierucci di Pisa, Luigi Losi di Milano e Giuseppe Parmeggiani di Modena.
Nuovamente liberato Ristori torna a Empoli e dà vita a un nuovo gruppo anarchico; comincia a divulgare l’opera di Errico Malatesta (1853-1932), anarchico di Santa Maria Capua Vetere, distribuendo il giornale «I Tempi Nuovi», lungo la costa toscana tra Piombino e La Spezia; siamo nel 1898: il movimento anarchico cresce e si succedono varie rivolte per il caro-pane un po’ in tutta Italia.
Ristori è consapevole di essere in pericolo ed espatria clandestinamente in Francia. Arriva in Provenza, passa per Nizza e si stabilisce a Marsiglia, attiva colonia di lavoratori italiani. Cambia il proprio nome e con un documento rubato si fa passare per “Gustavo Fulvi”. Sfugge alla polizia alla stazione di Marsiglia, ma la sua permanenza in Francia dura solo fino a al mese di settembre quando viene fermato a Nimes e rimpatriato. La condanna è il domicilio coatto nell’isola di Favignana in Sicilia. Comincia a scrivere articoli per diversi giornali e, nel gennaio 1899, invia delle corrispondenze all’«Avanti», pochi mesi più tardi viene trasferito a Ponza dove conosce Luigi Fabbri, anarchico marchigiano. Dopo aver partecipato alla pubblicazione de «I Morti» Ristori è  confinato alla fortezza di Gavi, in provincia di Alessandria. Nel marzo 1899 organizza con Fabbri  una manifestazione per ricordare le vittime della Comune di Parigi, ma entrambi vengono scoperti e trasferiti, Ristori a Ustica, Fabbri a Favignana.
Intanto Ristori da giovane anarchico irrequieto e ribelle è diventato, come segnala anche la polizia, un capace oratore, propagandista e stimato giornalista. Dal 1901 era già un noto corrispondente dei giornali anarchici «L’agitazione» di Ancona, «Il Risveglio» di Ginevra, «Le Libertaire» di Parigi e «L’Avvenire» di Buenos Aires.
All’inizio del 1901 Ristori. è liberato e rimandato a Empoli; da questo momento comincia a maturare in lui l’idea di emigrare in Argentina, meta di molti anarchici italiani con i quali è in corrispondenza. Dopo un primo tentativo fallito, riesce ad imbarcarsi clandestinamente su una nave diretta a Buenos Aires e nell’agosto del 1902 viene accolto con gioia e invitato a tenere una conferenza nel Centro di studi sociali della Boca. In Argentina si unisce ai compagni dell’“Avvenire».
Nel  dicembre dello stesso anno, a seguito del primo sciopero generale avvenuto nella provincia di Buenos Aires, Ristori viene arrestato, ma riesce a scappare e raggiunge Montevideo, dove incontra Fortunato Serantoni, proprietario di una delle maggiori librerie libertarie di Buenos Aires. Con l’aiuto di Serantoni, Ristori torna nella capitale argentina e pubblica un altro numero de «L’Avvenire» insieme a Felix Basterra. Entrambi, però, vengono nuovamente presi e imbarcati su una nave che poco dopo si ferma a Montevideo. Chiedono allora di scendere a terra per salutare i parenti e ovviamente non risalgono.  La nave riparte e riescono perfino a farsi rimborsare il denaro del biglietto che era stato pagato dal governo argentino.
Nel maggio del 1903 Ristori torna clandestinamente in Argentina, ma durante il Congresso della FOA è arrestato e nuovamente deportato, questa volta sotto vigilanza; fugge gettandosi in mare e nuotando per circa 400 metri sotto i colpi delle armi da fuoco della polizia, finché non viene soccorso da una barca di amici anarchici e portato in un luogo sicuro. A seguito di questi avvenimenti diventa famoso tra i compagni di movimento, specialmente in America del Sud.
A Montevideo, durante i balli del Centro Internazionale, conosce Mercedes Gomes,  sua compagna fino alla fine della sua vita. Nella stessa città pubblica il suo primo opuscolo: Deismo y Materialismo, in cui attacca le religioni e la Chiesa Cattolica. Non potendo ritornare a Buenos Aires, accetta l’invito dell’anarchico senese Tobia Boni e nel febbraio 1904 va a San Paolo in Brasile. Qui tiene la sua prima conferenza il 20 febbraio scrivendo l’opuscolo Le Corbellerie del Collettivismo; si unisce ai compagni del gruppo «La Propaganda» e nello stesso anno fonda e dirige il giornale «La Battaglia» con la collaborazione di Alessandro Cerchiai e Gigi Damiani. In poco tempo «La Battaglia» diventa il più importante periodico anarchico con numerose collaborazioni in tutto lo stato.
Tra il 1904 e il 1905 Ristori diventa il principale propagandista dell’anarchismo di lingua italiana in Brasile, raggiungendo le più distanti piantagioni di caffè dove lavorano i lavoratori emigrati italiani. La diretta conoscenza delle loro condizioni di vita e di lavoro lo spinge a intraprendere una grande campagna di informazione che culmina con la pubblicazione del libro Contro l’emigrazione, con traduzione in portoghese e in italiano, lanciata da Luigi Molinari attraverso l’università popolare di Mantova; tutto questo suscita l’astio delle autorità brasiliane che cercano di espellerlo dal paese.
In Brasile Ristori è molto legato alle tendenze politiche del comunismo libertario di Malatesta e si trova spesso in contrasto con i socialisti del gruppo “Avanti” e con i sindacalisti del COB (Centrale operaia brasiliana).  Nel 1909 conduce una campagna contro gli abusi dei sacerdoti verso i minori, che porterà alla scoperta di una terribile realtà fatta di abusi sessuali perpetrati negli orfanotrofi e in altri centri assistenziali della chiesa e per aver mosso queste accuse Ristori sconta un anno di prigione come calunniatore.
Vari dissapori con alcuni compagni, mai chiariti, lo inducono nel 1912 a ritirarsi momentaneamente dalla vita politica attiva.
Nel 1917 organizza il furto alla cassa della fabbrica americana Johnson di Rio de Janeiro e con la refurtiva si trasferisce insieme alla compagna di nuovo a Buenos Aires sotto il falso nome di Cesare Montemaggiore. Accolto con grande clamore dai compagni argentini lancia un settimanale anticlericale, «El Burro» (L’Asino), che diventa presto uno dei giornali più popolari d’Argentina, mantenendo sempre una posizione indipendente dai sindacalisti de “la Protesta Humana” e della FORA, federazione operaia anarchica argentina.
Nel gennaio 1919 scoppia quella che in Argentina è definita “La settimana Tragica”, la più violenta protesta popolare di cui si abbia notizia: più di un migliaio di lavoratori vengono uccisi e 20.000 arrestati. Anche Ristori, ormai bollato come persona non gradita, è arrestato e confinato nell'isola di Martin Garcia e da qui imbarcato su un vapore con destinazione Genova. A largo della costa uruguaiana, però, Ristori si lancia in mare e riesce a raggiungere la riva. La frattura delle gambe durante la fuga lo costringe a rimanere a riposo a Montevideo e lo renderà claudicante per il resto della vita.
Dopo lo scoppio della Rivoluzione russa Ristori è convinto che essa si diriga verso l’anarchismo. Il movimento però è spaccato e si accentua sempre di più la distanza tra gli anarchici critici verso la Russia sovietica e quelli che difendono la rivoluzione a tutti i costi, fino a giustificare l’uso della dittatura. Nel 1921 Ristori ospita a Montevideo una missione della III Internazionale per fondare un partito comunista in Brasile, progetto che si realizzerà nel 1922, con la sua adesione al manifesto del “Movimento Comunista”, pubblicato in marzo a Rio de Janeiro.
Nel 1925 ritorna a San Paolo con la propria compagna. È un periodo di forte repressione contro l’anarchismo brasiliano da parte del governo di Bernardes. Molti militanti sono inviati al confino e Ristori, camminando con difficoltà, si tiene prudentemente lontano dalla militanza; continua però a tenere conferenze, denunciando le politiche ingannatrici che favoriscono il sistema di potere. Nel 1933 sorge un fronte popolare di opposizione al governo, l’“Aliança libertadora nacional”, formata da democratici, socialisti e comunisti di varie tendenze; in questo periodo Ristori collabora con i comunisti nel tentativo di creare un “fronte unico” contro la reazione e l’affermarsi di un movimento che si richiama direttamente al fascismo.
Un fallito tentativo di rivolta comunista nel 1935 è usato come pretesto dal governo di Vargas per una ferocissima persecuzione contro gli oppositori: vengono effettuati migliaia di arresti e tutti gli stranieri legati a qualsiasi tipo di attività politica sono deportati. Così Ristori nel giugno 1936 ritorna in Italia, lasciando la sua compagna Mercedes in Brasile. Da Livorno raggiunge la Spagna e collabora con le forze antifasciste libertarie. Da Barcellona tenta inutilmente di organizzare l’arrivo della sua compagna. Verso la fine della guerra, sempre con l’obiettivo di riunirsi a Mercedes, raggiunge la Francia, dove chiede aiuto a Luigi Campolonghi, presidente della LIDU (Lega italiana dei diritti dell’uomo), ma inutilmente.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale il governo francese confina Ristori nel campo di Roland Garros, estraendolo successivamente in Italia nel 1940. Appena giunto a Firenze le autorità italiane lo obbligano a risiedere coattivamente ad Empoli sotto costante vigilanza. Nel 1943 è uno dei primi a scendere in strada per festeggiare la caduta di Mussolini. Nuovamente arrestato è rinchiuso nel carcere delle Murate a Firenze. Nella notte del 1 Dicembre un gruppo di partigiani uccide il capo del comando militare Gobbi e, al mattino seguente, Ristori, l’anarchico Gino Manetti e tre militanti comunisti - Armando Gualtieri, Luigi Pugi e Orlando Storai - vengono prelevati dalla milizia fascista, condotti al campo di tiro delle Cascine e fucilati per rappresaglia. Si dice che Ristori sia morto fumando la sua pipa e cantando l’Internazionale.

Rielaborazione della voce Oreste Ristori, Dizionario Bibliografico degli anarchici italiani, Biblioteca Franco Serantini edizioni, Pisa, 2004 

 

Oreste Ristori fu sepolto nel cimitero comunale di Empoli e la lapide posta sulla sua tomba ricorda il suo sacrificio.
Per trasmettere la memoria di Oreste Ristori la città di Empoli gli ha intitolato una piazza lungo l’Arno, mentre nel comune di Vinci, è la casa del popolo di Spicchio a portare il suo nome.